Il ritorno a casa di Mattia Crotti: «Felice d'iniziare ad allenare»
Di ROBERTO LEVI
Ha lasciato Cortemaggiore, dove è nato e ha iniziato a giocare a tennistavolo, nel 1996. A distanza di 22 anni, il 36enne Mattia Crotti, dopo aver conquistato tre scudetti, raggiunto altre quattro finali playoff, vinto titoli italiani individuali e indossato la maglia della Nazionale giovanile e assoluta, è tornato a casa. Novello figliol prodigo, si è nuovamente tesserato per la società della sua città, nella quale continuerà a giocare, ma, soprattutto, ha già cominciato ad allenare a tempo pieno. Un'occasione per stare ancora più vicino alla sua compagna Olga Dzelinska, anche lei tecnico in società, e alla piccola Anastasia, nata due anni fa.
Mattia, a Cortemaggiore optare per il tennistavolo era la scelta più naturale?
«Ho iniziato a praticarlo a nove anni all'oratorio. Facevo anche calcio, poi l'ho abbandonato. La società era stata fondata da Ettore Dernini un paio di stagioni prima e con me hanno cominciato altri due ragazzi del paese. Luca Ziliani gioca ancora a Reggio Emilia, mentre Michele Molinari, con cui abbiamo vinto nel 1995 i primi due titoli italiani a Cortemaggiore, di doppio e a squadre Ragazzi, ha smesso da un po'. Sono rimasto lì per cinque anni e tecnicamente mi seguivano Ettore, Marco Marani e Corrado Cofferati. Mi allenavo anche al Centro Federale regionale di Modena, che era guidato da Andreja Ojstersek. Poi ho deciso di andare a Parma. In realtà il primo anno sono stato per cinque mesi al Centro Federale di Fiuggi, poi sono rientrato a Corte e quasi tutti i giorni andavo in treno a Parma, dove mi ha sempre seguito Joze Uhr».
Quanto sei stato a Parma?
«Cinque stagioni, la prima disputando la B2 con Emmanuele Delsante, Matteo Carboni e Andrea Mazzotti. Successivamente ho avuto come compagni lo stesso Joze, Andrea Del Tomba e Stefano Lama, con i quali siamo arrivati secondi in A2. Nel 1998-99 siamo saliti in A1 con Stefano Tomani, Francesco Lucesoli, Delsante e Uhr. L'anno in cui Joze è andato via ho avuto una proposta da Pieve Emanuele e mi sono trasferito là in A1, dove il team era composto anche da Tomasi, Laurentiu Capra e Wu Tao. In panchina c'era Sergey Vlasov e ci siamo salvati. Era il 2001 e da settembre mi sono allenato al Centro Federale di Terni, che però a dicembre è stato chiuso. In quella stagione mi sono aggiudicato il titolo italiano di singolare di seconda categoria e quello di doppio con Davide Meazza. L'anno dopo sono cambiate parecchie cose».
Quali?
«Il presidente Nicola D'Ambrosio ha voluto in panchina Patrizio Deniso. Con me e Tomasi, la compagine era formata dal ceco Richard Vyborny e da un cinese. Ci siamo classificati secondi in regular season e ai playoff abbiamo raggiunto la finale, persa contro il Castel Goffredo di Valentino Piacentini, Chen Yu Wei e il romeno Vasile Florea. L'anno dopo sono passato alla Marcozzi in una sorta di scambio con Massimiliano Mondello. All'inizio mi allenavo comunque sempre a Milano e andavo in Sardegna solo per le partite. A Cagliari ero in squadra con Chen Jia, Locci e Melis e Grigory Vlasov, perché Sergey nel frattempo era venuto a lavorare alla Marcozzi. Sono stato sei anni là e non abbiamo mai raggiunto la finale scudetto, ma ci siamo avvicinati. Con Lucesoli, Vlasov e Guo Yu siamo stati eliminati in semifinale da Pieve Emanuele. L'ultimo anno ho fatto l'A2 e siamo risaliti in A1».
Tappa successiva?
«Era il 2009 e sono stato alla Fortitudo, con Lucesoli e Wang Da Qi, allenandomi però a Castel Goffredo, dove c'era un gruppo di lavoro molto competitivo, con Joao Monteiro, Guo Jinhao, Mihai Bobocica e Marco Rech Daldosso. A Bologna siamo retrocessi e sono andato a Este per tre stagioni. Nella prima, con Vyborny e l'altro ceco Josef Simoncik, ci siamo aggiudicati la regular season e in finale playff abbiamo ceduto al Cus Torino, che aveva in panchina Deniso e in campo il cinese Zhu Zhou, Niagol Stoyanov e il ceco Antonin Gavlas, con Romualdo Manna riserva. L'anno dopo, con Vyborny e il russo Artem Utochkin, ci siamo fermati in semifinale contro Castel Goffredo. In finale si è imposto il Città di Siracusa. Il terzo anno Este ha rinunciato alla A1 è sono sceso in A2, arrivando secondo. La società poi non ha più fatto la squadra e mi sono spostato a Carrara».
Il campionato dello scudetto?
«Lo vincemmo con Bobocica e Tomasi, in finale contro il Castel Goffredo di Leonardo Mutti, Rech e Peng Bo, che era favorito. La prima esperienza all'Apuania finì lì. Il club decise di cambiare e io e Stefano, su interessamento del mio amico Rocco Conciauro, ci accasammo alla Falcon Palermo, che era stata promossa in A1. Nessuno avrebbe scommesso su di noi e invece ci siamo piazzati terzi in regular season e nella semifinale playoff abbiamo eliminato a sorpresa Carrara. Dall'altra parte, altrettanto clamorosamente, il Cus Torino aveva estromesso Castel Goffredo e dunque ci attendeva una finale aperta. Nella "bella" in casa ci sarebbe bastato anche un pareggio e abbiamo perso per 4-2, dopo essere arrivati a due punti dallo scudetto. Quello è stato l'anno in cui mi sono divertito di più, in una squadra di amici, però anche quello cui è legata la maggiore recriminazione della mia carriera. Si è trattato di un'occasione persa, anche se in partenza avremmo firmato per arrivare fin lì».
Eri pronto al ritorno a Carrara?
«Assolutamente sì ed è stato un triennio molto positivo. Il primo anno, praticamente in due con Alessandro Baciocchi, perché il cinese Liu Boliang vinceva poco, abbiamo disputato la finale scudetto con Castel Goffredo. Sono seguiti i due tricolori, con gli sloveni Darko Jorgic e Deni Kozul il primo e con Bobocica, il russo Sadi Ismailov e il serbo Lorencio Lupulesku l'ultimo di qualche mese fa».
Sul fronte individuale ti è mancato il titolo di singolare assoluto?
«L'ho inseguito a lungo, non riuscendo però a fare meglio della semifinale. La prima volta fu nel 2006, quando mi ha battuto Bobocica. L'anno buono avrebbe potuto essere il 2008, quando a Termeno ho perso per 4-2 contro Umberto Giardina, che poi ha prevalso in finale su Lucesoli. Nel 2010 e nel 2012 mi ha sconfitto ancora Bobocica, mentre nel 2015 è toccato a Paolo Bisi. Mi sono invece preso due belle soddisfazioni in doppio con Tomasi, salendo sul primo gradino del podio nel 2008 e nel 2010, anno quest'ultimo in cui mi sono anche piazzato secondo nel misto con Giulia Cavalli, magiostrina come me».
Cosa ti è rimasto dei trascorsi in maglia azzurra?
«Molti bei ricordi. Con le giovanili ho partecipato al mio primo Europeo a Frydek Mistek quando sono andato via da Cortemaggiore, facendo poi la trafila per due anni da allievo e tre da juniores. Nel 1997 a Topolcany, con Mihai Bobocica senior come tecnico e Tomasi e Conciauro come compagni, siamo stati eliminati a squadre nei quarti dalla Polonia. Eravamo in vantaggio per 2-0 e in doppio siamo arrivati a due punti dalla medaglia. Nella stessa edizione siamo usciti nei quarti anche in doppio con Rocco. In Nazionale assoluta sono stato nel 2008 ai Mondiali di Guangzhou, in Cina, dove però ero riserva di Yang Min, Bobocica e Tomasi. In quell'occasione nel match contro la Cina ho affrontato il campione olimpico e mondiale Wang Liqin. Agli Europei di San Pietroburgo, in Russia, dello stesso anno, ero invece titolare. Dal 2006 al 2010 ho disputato anche parecchi Pro Tour. L'ultima presenza in Nazionale fu in un incontro di Lega Europea, che vincemmo in Belgio con Bobocica e Leonardo Mutti, guidati in panchina da Lorenzo Nannoni».
Tornando alla stretta attualità, cosa ti ha convinto a scegliere Cortemaggiore?
«La proposta del presidente Dernini d'intraprendere una nuova attività come tecnico mi ha intrigato molto. Ho il tesserino di primo livello. Era un'avventura che avrei voluto iniziare prima o poi e ho pensato che fosse arrivato il momento giusto. Condividerò con Olga e Svetlana Polyakova la guida del settore giovanile e giocherò in B2, con Costantino Cappuccio e Marco Farina. Ci sarebbe poi il jolly di Simone Dernini. Se riuscissi a convincerlo a riprendere a giocare, la promozione in B1 sarebbe praticamente certa».
Hai qualche ringraziamento da fare?
«Certamente, prima di tutto a mio papà Giuseppe, che mi ha sempre seguito fin da quando mi accompagnava ai tornei da ragazzino. Olga è stata molto importante negli ultimi anni, in cui ho vinto i titoli a squadre. Quando poi è nata Anastasia, la presenza di tutta la famiglia mi ha aiutato molto. Non posso naturalmente dimenticare il presidente Dernini, con il quale ho iniziato e che mi ha permesso, anche quando non ero tesserato per Cortemaggiore, di allenarmi qui. Sono felice di essere tornato».
Ti piace allenare?
«L'ho fatto un anno a Este e mi sono divertito. Seguire i giovani penso che sia molto gratificante. Per quanto mi riguarda, ci metterò anima e corpo».