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I commenti dei tecnici sui Campionati Europei degli azzurri
Di ROBERTO LEVI
Ai Campionati Europei a squadre di Lussemburgo, entrambe le Nazionali azzurre hanno gareggiato in Challenge Division. Le ragazze si sono classificate terze e diciannovesime in totale, il migliore piazzamento ottenuto da quando le azzurre sono retrocesse in seconda divisione nel 2009, raggiunto per merito dei cinque successi sui sei incontri disputati.
«Abbiamo giocato bene - spiega il tecnico Maurizio Gatti - e il risultato è stato la conseguenza del rendimento offerto in campo. La partenza contro la Serbia è stato ottimo. Vivarelli ha sconfitto per 11-9 al quinto set la giovane Lupulesku ed è stata seguita dal 3-0 di Colantoni su Todorovic e dal 3-2 di Piccolin su Vignjevic. Abbiamo colto l'occasione, chiudendola sul 3-0 e impedendo alle avversarie di rientrare in partita. Contro la Danimarca è stata la classica prova del nove, dopo il successo sulla carta inatteso sulle serbe, e l'abbiamo superata a pieni voti, vincendo 3-0 senza perdere neppure un set. È stata una gara che mi è piaciuta molto, in cui ho visto le ragazze determinate e convinte».
Nella terza partita contro il Belgio, Gatti ha girato la formazione, schierando Piccolin come numero 2 e Colantoni come 3:
«Ci sarebbe bastato un solo punto per terminare il girone al primo posto e ho fatto la squadra che mi garantisse più possibilità di ottenerlo, perché Giorgia non aveva mai perso con la loro 2 Marchetti, mentre Chiara era stata battuta ai Mondiali. Volevamo naturalmente portare a casa il bottino pieno e ci siamo riusciti con il primo singolare conquistato sulla Marchetti ed entrambi quelli sulla Lung, che era un po' la nostra "bestia nera". Il vero capolavoro è stato il giorno dopo contro la Lituania, sia dal punto di vista tattico sia da quello mentale, con una grande voglia di vincere. Abbiamo impegnato l'ex campionessa europea Paskauskiene e superato per due volte l'osticissima Stuckyte, che è mancina e ha la puntinata lunga».
Meno bene è andata con la Slovenia nella semifinale del tabellone.
«È stato decisivo perdere due punti contro la loro numero 2 Fajmut. Nonostante ciò, abbiamo lottato alla pari e siamo stati eliminati solo per 11-8 al quinto set del quinto singolare. Un po' di tensione, essendoci in palio l'ingresso in finale, si è fatta sentire, poi però il riscatto contro l'Azerbaijan è arrivato puntuale. Eravamo sotto 2-0 e normalmente quelle partite vanno via così, invece c'è stata reazione. Laurenti ha guidato la carica. Si vedeva che era pronta alla battaglia. La Imanova, tra l'altro, ha un puntino corto sul diritto e dunque non era l'avversaria ideale per il suo antitop. Tatticamente era una sfida delicata e Jamila è stata bravissima, rimettendoci in carreggiata. Puntiamo su di lei per la qualificazione alle Olimpiadi Giovanili e quella che ha fatto in Lussemburgo è stata una grande esperienza. Dopo il suo punto, ci rimanevano da affrontare le due cinesi e, utilizzando quanto avevamo imparato nei primi due singolari, abbiamo rivisto qualcosa e ribaltato la situazione. Aver vinto quel confronto in recupero è stato proprio un bel segnale da parte di tutte».
La Nazionale femminile con Maurizio Gatti
Può essere insomma un nuovo inizio, per il nostro movimento femminile.
«C'erano già state buone avvisaglie in Repubblica Ceca - racconta Gatti - e questo bel piazzamento agli Europei è confortante. Andiamo avanti per la nostra strada e cerchiamo di utilizzare questi risultati per aumentare l'autostima, condizione fondamentale per migliorare il nostro standard. In quest'ottica, all'Open di Polonia a inizio ottobre conto di avere buoni riscontri sulla nostra competitività. Della squadra naturalmente fanno parte anche Le Thi Hong Loan e Veronica Mosconi, che stanno crescendo e saranno presto a un ottimo livello. Vorrei ancora sottolineare due aspetti. Le ragazze sono arrivate molto ben preparate alla manifestazione e desidero ringraziare per questo il nostro preparatore atletico Massimo Oliveri, che ha fatto un ottimo lavoro. Preziosa è stata anche la collaborazione di Alessandro Di Marino e Maurizio Massarelli, che, oltre a fungere da sparring, sono stati molto utili nella video-analisi delle squadre avversarie».
Gli azzurri si sono piazzati ventiduesimi, perdendo nei quarti del tabellone dall'Ungheria e nella finale per il quinto e sesto posto della Challenge Division dalla Repubblica Ceca.
«Purtroppo il nostro rendimento - afferma il direttore tecnico Patrizio Deniso - è stato anche condizionato dall'impossibilità di effettuare dei cambi, essendosi due atleti infortunati in fase di allenamento in Lussemburgo: Stoyanov era dolorante alla schiena e Piccolin aveva una contrattura all'adduttore. Al di là di ciò il risultato non era così importante, non essendoci opportunità di promozione in Prima Divisione. Era una gara utile soprattutto come verifica del lavoro fatto e per esempio sono soddisfatto delle prestazioni di Bobocica, che ha sbagliato solo il match contro l'ungherese Lakatos, mentre con il ceco Tregler è stato un po' sfortunato e, anche se ha perso, l'ho visto superiore all'avversario. Contro i magiari, in realtà, hanno giocato male tutti. Siamo più forti di loro e nelle partite negli stage congiunti che abbiamo svolto erano più le vittorie che le sconfitte. Durante l’incontro abbiamo avuto un atteggiamento sbagliato. Con Bobo stiamo lavorando a lungo termine e ha comunque mostrato dei segni di crescita tecnica e fisica. L'obiettivo per lui deve essere di arrivare a giocare ancora meglio di prima dell'infortunio alla spalla di fine 2014. I presupposti ci sono tutti, anche se la risposta non è ancora così sicura e il gioco è un po' chiuso. Deve avere più coraggio nel servire "sopra" e allungare anche il servizio, in modo che non sia sempre troppo corto, senza paura della partenza dell’avversario. Così come deve avere più personalità nel rispondere, senza crearsi una eccessiva pressione, presupposto di un facile errore,cercando una ricezione che non sia sempre eccessivamente corta, ma provocando una partenza senza qualità dell’avversario, così da essere immediatamente aggressivo su questa pallina».
Mutti era al rientro su un grande palcoscenico dopo una lunga inattività:
«È stato fermo sei mesi ed è tornato a giocare a un buon livello. Ha fatto il suo e ha sempre lottato e da questo punto di vista sono contento. Quando gioca mette sempre in difficoltà l'avversario, è grintoso, mancino e insidioso con il rovescio. I suoi limiti tecnici al momento, però, rimangono e deve impegnarsi a fondo se vuole fare un salto di qualità. Sul diritto non ha ancora molta qualità e la risposta è ancora un po' carente. Questa mancanza di qualità deriva dal fatto che imprime poca rotazione alla pallina, in quanto non apre abbastanza , la racchetta è troppo chiusa e vicino alla pallina. Ha poco spazio per imprimere una grande accelerazione, prerogativa fondamentale per dare grandi rotazioni. Anche il gap fisico va risolto e con il lavoro è tutto possibile. Rech Daldosso non è invece stato all'altezza della situazione. C'è troppa differenza fra quello che fa in allenamento, con maggiore concretezza, e in partita, dove deve essere più aggressivo e lucido. Anche quando è aggressivo, spesso si perde».
Peccato per Piccolin e Stoyanov:
«Mi dispiace di non aver potuto far fare esperienza a Jordy e di non aver avuto indicazioni sull'attuale competitività internazionale di Niagol, ma proprio non c'erano le condizioni. Un'ultima considerazione che vorrei fare è che in Nazionale non abbiamo la bacchetta magica. Ci sono atleti che hanno scelto di lavorare al Centro Federale e con loro si riesce a portare avanti un'attività più continuativa. Per quanto riguarda gli altri, che continuano ad allenarsi quotidianamente nelle loro società e trascorrono a Formia solo certi periodi, sarà fondamentale l'esistenza di un rapporto di collaborazione con i rispettivi tecnici, che possano farsi carico delle problematiche che emergano in occasione delle competizioni internazionali. Solo in questo modo eventuali errori potranno essere corretti ed eventuali carenze colmate».