Alessio Sardelli, pongista e attore: «Vi racconto le mie due anime»
L'attività pongistica e quella attoriale si sono passate il testimone nella vita del fiorentino Alessio Sardelli, capace prima di diventare un atleta di valore nazionale (il numero 10 in Italia) e internazionale e poi di costruirsi una solida carriera sul palcoscenico. Ora le sue due anime convivono in uno spettacolo intitolato "Ping Pong oltre la rete", che a febbraio esordirà a Roma, al Teatro di Documenti. Recentemente Sardelli è anche rientrato in Federazione, per mettere la sua esperienza al servizio del progetto promozionale "Ping Pong 4 All - The greatest challenge, the smallest ball".
Alessio riavvolgiamo il nastro e torniamo al 1969?
«Quello fu l'anno in cui conobbi il tennistavolo. Galeotto fu il mio amico Fabrizio Silvestrini, che sarebbe poi diventato un ottimo giocatore. Mi portò alla società Giovani Viola Firenze, che aveva la sede in una soffitta sopra la parrocchia di piazza San Felice, nella quale trovai Stefano Malesci, Stefano Bosi e Francesco Provvedi, che si allenavano con Giorgio Barlazzi, un bravo maestro capace di vincere il Seminatore d'Oro».
Dove giocavate?
«Incominciai su un tavolaccio e poi passai su quelli migliori, per me era già una conquista. Barlazzi era anche un maestro di scuola e, siccome io non è che mi distinguessi negli studi, mi dava delle ripetizioni estive. Ho bruciato abbastanza le tappe e in un anno da 3NC, che era la classifica più bassa, sono diventato 3.1, poi 2.1 e la stagione successiva prima categoria».
Qual è stato il primo successo di rilievo?
«Un giorno, era il 1971, il maestro Barlazzi ci disse che ci avrebbe portato a Roma e a noi ragazzi non sembrò vero. Si giocava al Palasport dell'Eur il Trofeo "Mimmo De Martini", un torneo nazionale allievi, e lo vinsi. Conobbi per la prima volta Roberto Giontella, con il quale nel prosieguo siamo diventati come dei fratelli. Assieme abbiamo anche giocato nel San Gabriele Roma».
Quindi la capitale è una delle tue città del cuore?
«Dopo Firenze le sono molto legato. Tornando al San Gabriele, con me e Roberto c'era Rosario Troilo e il nostro tecnico era il russo Igor Klaf, che, oltre ad allenare, vendeva caviale a Ostia. Successivamente ha guidato la Nazionale australiana e ha preso anche la cittadinanza. Continua a giocare e ai Mondiali Veterani di quest'anno a Las Vegas si è aggiudicato l'oro nel doppio Over 75. Klaf affinò un po' il mio rovescio».
Immagino che anche Fiuggi porti con sé ricordi fantastici.
«A 18 anni, nel 1974 ho conquistato lì il titolo di doppio assoluto, in coppia con Alessandro Peterlini. In finale abbiamo superato Bosi e Giontella. Mi ricordo che a un certo momento ero entrato in crisi e Alessandro, quando andai a raccogliere una pallina, mi diede una pedata nel sedere, che mi risvegliò e mi fece tornare a macinare gioco. Nello stesso anno con il Cus Firenze io, Bosi, Malesci e Provvedi abbiamo portato a casa lo scudetto. A livello tricolore ho ottenuto anche cinque titoli giovanili e mi è rimasto il rammarico della finale persa nel singolare contro Massimo Costantini. Ero in vantaggio per un set a zero e 19-14 nel secondo. In seconda categoria mi sono imposto in doppio con Alberico Gualfetti nel 1977».
Con il Cus Firenze siete stati dunque in Coppa dei Campioni?
«Abbiamo affrontato gli svedesi del Mölndal, che potevano contare su Kjell Johansson, soprannominato "The Hammer" per la potenza con cui tirava i colpi. A quei tempi era vicecampione del mondo in singolare e campione del mondo in doppio e occupava il secondo posto nel ranking internazionale. Il Palasport di Firenze era gremito, con oltre 1.200 spettatori paganti. Giocammo io, Bosi, Peterlini e Provvedi e mi toccò proprio Johansson. Persi per 2-0, con un secondo set tiratissimo, terminato 21-18. In una intervista che gli fecero, alla domanda su quale fosse l'italiano che più l'avesse impressionato, Johansson rispose Alessio Sardelli. Avevo un gioco molto veloce, un po' come gli svedesi. Detta da uno come lui, quella affermazione mi ha fatto molto piacere».
Capitolo Nazionale?
«Nel febbraio 1972 sono stato per la prima volta convocato in Nazionale juniores, per il raduno di Mâcon, in Francia. Dopo una settimana fui selezionato anche per la Nazionale assoluta, per il torneo internazionale di Hagen, in Germania, nel quale mi trovai faccia a faccia con Peter Stellwag, che sarebbe diventato uno dei più forti campioni tedeschi. In panchina io avevo Silvio Magni e lui lo svedese Hans Halser, che era stato campione iridato. Feci una grandissima partita e persi per 3-2».
Insomma quello fu un vero e proprio periodo d'oro.
«Non era finito, perché il mese successivo a Viareggio disputai il torneo nazionale e mi aggiudicai il singolare di terza categoria, quello di seconda e il doppio assoluto in coppia con Bosi. Questi risultati mi valsero la partecipazione ai Campionati Europei assoluti di Rotterdam, ai quali ebbi il mio battesimo del fuoco. Con Giontella, Bosi e Malesci eravamo la squadra più giovane della manifestazione. Nel 1974 ho disputato anche la rassegna continentale giovanile a Göppingen».
Altre soddisfazioni da podio?
«Nel torneo juniores di Oberschützen, in Austria, abbiamo vinto la medaglia di bronzo con Romano Rodella. Eravamo molto amici e ci scambiavano delle ospitate, per allenarci insieme a Firenze e ad Asola. Mi sono aggiudicato anche l'oro in singolare al torneo internazionale di Bordighera, in finale su Giontella».
Hai giocato anche parecchie esibizioni?
«A Milano Carlo Della Vida, grande dirigente del tennis, che organizzava gli spettacoli degli Harlem Globetrotters, mi propose di entrare nel gruppo di pongisti che si esibiva prima dei match di basket. A fine carriera con Bosi ci venne poi in mente di organizzare delle esibizioni, sulla scorta di ciò che già facevano Jacques Secretin e Vincent Purkart, con le racchette che si allungavano, con più palline e con dei tavolini a piramide, uno sopra all'altro. Quegli eventi mi fecero capire l'empatia che esisteva fra me e il pubblico».
È stata la scintilla che ti ha portato alla recitazione?
«Quasi per divertimento, mi misi a fare teatro, frequentando dei corsi di livello a Firenze, alla scuola di Orazio Costa, e un suo assistente, il maestro Lucio Chiavarelli, mi notò. La mia carriera prese dunque una piega più professionale».
Quando fu la prima occasione importante?
«Facevo parte di compagnie regionali e venni a Roma, chiamato dall'organizzatore, attore e talent scout Pietro De Silva, che mi propose di fare un monologo nel Festival dei Nuovi Tragici. Ricordo il giorno in cui dovevo andare in scena al Teatro Colosseo, era il 4 giugno 1998, perché purtroppo morì mia madre e mio fratello mi disse di rientrare a Firenze dopo aver terminato il mio lavoro. Non sapevo che ad assistere alla serata ci fosse Pino Quartullo».
Poi cosa accadde?
«Passò del tempo e io intanto lavoravo alla Bayerischer Rundfunk, l'emittente radiotelevisiva pubblica della Baviera con sede a Monaco, e facevo un programma per gli italiani. Una sera la mia ragazza tedesca di allora mi passò una telefonata proprio di Quartullo, che mi convocava per un provino a Roma per uno spettacolo di Gigi Proietti. Presi il primo volo e feci il provino con Quartullo, che mi diede poi da studiare una parte da presentare dopo un paio di settimane a Proietti».
Come fu l'incontro con il Maestro?
«Andai al Teatro Brancaccio e mi misi a sedere alla scrivania davanti a Quartullo e a Sandra Collodel, che erano i protagonisti dello spettacolo. Accanto a me c'era una sedia vuota e vidi per la prima volta in carne e ossa Gigi Proietti, che entrò e si accomodò vicino a me. Si presentò e mi mise subito a mio agio, dicendomi che avrei potuto leggere la mia parte, invece di recitarla a memoria. Si concluse tutto con la consueta formula "Le faremo sapere"».
Ti hanno fatto sapere?
«Sono stato per giorni senza staccare lo sguardo dal telefono e dopo una settimana mi ha chiamato Quartullo, per comunicarmi che mi avevano preso. Lo spettacolo era nientemeno che la trasposizione teatrale del "Dramma della gelosia" di Ettore Scola, per la riapertura del Teatro Brancaccio. Fu incredibile, perché venne il mondo a vederci. Era il 1999 e feci il mio salto in serie A. Proietti mi ha poi diretto anche nel "Falstaff", con Giorgio Albertazzi».
Il teatro è dunque il tuo amore?
«In realtà è l'amore di ogni attore, quello che forgia e che regala le sensazioni più forti. In presa diretta è tutta un'altra cosa. Nella mia carriera c'è stato molto Shakespeare. Da undici anni, e con me da sei, a Roma viene messo in scena al Globe Theatre, teatro diretto da Proietti, il "Sogno di una notte di mezza estate", per la regia di Riccardo Cavallo, che rinnova ogni estate un grande successo. Una mia enorme soddisfazione è di aver lavorato sotto la regia di Proietti in uno spettacolo a due dal titolo "La Mostra". Essendo solo due attori in scena, io e Simona Marchini, con un pianista, Gigi ha potuto dedicarsi a noi con un'attenzione particolare. Abbiamo girato l'Italia e avevo il ruolo di Angelo, il custode della galleria di Simona».
Al cinema quali sono i ricordi più belli?
«Ce ne sono parecchi e ho fatto anche un film-documentario tedesco in cui interpretavo Robert Einstein, il cugino di Albert, che due anni fa è stato trasmesso dalla televisione tedesca e proiettato al Kino, cinema di Berlino. In Italia, fra l'altro, ho avuto una parte ne "La città ideale" di Luigi Lo Cascio e in "Buongiorno papà" di Edoardo Leo, che avevo conosciuto perché aveva sostituito Pierfrancesco Favino nel "Dramma della gelosia". Sono molto amico sia di Pierfrancesco sia di Edoardo, con cui abbiamo condiviso tournée, gioie e dolori. Infatti per me loro due sono Picchio e Dado».
Tornando a teatro, in "Ping pong oltre la rete" hai messo insieme le tue due vite?
«Questo spettacolo sul tennistavolo,che è stato scritto da Alessandro Fani, ha riaperto il mio mondo e non avrei mai creduto di poter tornare al primo amore. Sono molto contento, perché sul palco recito e gioco, contro chi non te lo dico. Il protagonista è Ernesto Volo, personaggio ispirato a me, impegnato in una partita immaginaria durante la quale ripercorre la sua carriera di atleta, i momenti più significativi legati allo sport agonistico e le profonde motivazioni che lo porteranno poi ad avvicinarsi al teatro. Avevo già presentato lo spettacolo in Toscana, ma dall'8 all'11 febbraio 2019 esordirò a Roma, al Teatro di Documenti, con la regia di Carlo Sciaccaluga. Sono orgoglioso, perché il pubblico potrà anche ammirare, nel foyer del teatro, dei reperti originali unici, video e articoli di giornali, che illustrano la storia del ping pong dalle origini. Il 7 e l'8 mattina verranno a vederci anche le scolaresche e, se l'adesione sarà massiccia, ci fermeremo anche il giorno 11».
Hai apportato delle modifiche rispetto alla versione precedente dello spettacolo?
«Ho inserito una piccola parte dedicata a Roberto Giontella e sono particolarmente felice che avremo a teatro anche la nipote Giulia».
Hai portato il tennistavolo anche in televisione?
«Abbiamo svolto delle esibizioni con Alessandra Busnardo da Fabrizio Frizzi a "Scommettiamo che ...?" e a "Buongiorno Italia" con Toto Cutugno e con Alessio Silveri da Raffaella Carrà a "Ricomincio da due". Curiosa fu anche la partecipazione alla trasmissione scientifica di Mino Damato "Alla ricerca dell'Arca", in cui si parlava della unilateralità nello sport. Presumo che ci abbiano usato come cavie da laboratorio. Fu lì che ebbi l'onore e il piacere d'incontrare la splendida Nastassja Kinski e di scambiare quattro chiacchiere con lei».
Com'è invece avvenuto il tuo coinvolgimento in "Ping pong 4 All"?
«Ho fatto il provino per i "Delitti del BarLume", tratti dai romanzi di Marco Malvaldi, e ho saputo che Marco è appassionato e praticante di tennistavolo. L'ho chiamato ed è stato molto contento di sentirmi. Ci siamo incontrati a Pisa e ho conosciuto anche Luca Malucchi. Da qui è nato il mio ingresso nel gruppo di lavoro del progetto. Con Marco abbiamo scritto il testo dello spettacolo».
Come hai trovato l'esperienza?
«Ho cercato di mettere a disposizione dei ragazzi ciò che imparato e ho sviluppato nella mia carriera di attore, per aiutarli a non bruciare i tempi e a comportarsi di fronte a un pubblico per rendere al massimo. Tutti hanno risposto molto bene e sono soddisfatto del risultato. Questo show, che dura una quarantina di minuti, mostra il tennistavolo a tutti i livelli, dai principianti ai campioni e dai giovanissimi ai più esperti, e vuol far capire che il nostro sport è molto divertente e può essere praticato a tutte le età. Alla fine ci sarà la possibilità per il pubblico di porre delle domande agli atleti e agli attori».
Quando sarà il debutto?
«Ultimamente abbiamo aggiunto anche il giocatore cadetto, inserendo dunque nel copione tutto l'arco generazionale. La prova conclusiva sarà il 1° febbraio a Terni, prima del torneo assoluto e di terza categoria, poi saremo pronti a proporre lo spettacolo nelle occasioni che la Federazione riterrà opportune».