MICHELA BRUNELLI: "CHE BELLO L'ARGENTO DI PECHINO, E A LONDRA ABBIAMO SFIORATO IL PODIO"
Da anni il tennistavolo italiano paralimpico sa di poter contare su di lei: la veronese Michela Brunelli è un punto fermo della Nazionale e a Rio de Janeiro disputerà la sua terza Paralimpiade consecutiva.
Michela come ricordi i tuoi inizi pongistici?
«Ho cominciato a 19 anni, nel 1994, dopo aver avuto l’incidente a 18. Appena terminata la riabilitazione, un amico mi ha fatto conoscere il tennistavolo. Prima ero comunque sportiva e giocavo a pallavolo, in ambito provinciale, sciavo e mi piaceva andare a correre. Lo sport è nel mio Dna».
Dicevamo del tuo amico …
«Si chiama Graziano Buffo ed era già inserito in una società di Verona, il Galm. Mi ha portato lì e da subito mi è piaciuto. Eravamo in sei-sette ragazzi in carrozzina a praticare il tennistavolo e mettermi a confronto con loro mi dava soddisfazione. Ricordo che all’inizio non avevo ancora la patente e mi scarrozzava mio papà, dopo un paio d’anni mi sono resa autonoma. Sono stata notata dallo staff azzurro e convocata per la prima volta in occasione degli Europei del 1997 a Stoccolma. Il ct era Massimo Bernardoni ed è stato il mio esordio internazionale».
Come andò?
«Mi servì per prendere contatto con quella nuova realtà. L’anno successivo ai Mondiali di Parigi ho ottenuto il mio primo argento a squadre con Cristina Ploner, che ha aperto un po’ la strada. Perdemmo in finale contro la Germania. Un’esperienza che non dimenticherò mai, a distanza di quasi 20 anni. Poi ho deciso d’interrompere con il tennistavolo dal 2000 al 2002, per concentrarmi sullo studio e conseguire la maturità odontotecnica. Mi sono anche iscritta all’Università, poi quando nel 2005 è arrivato in Nazionale come direttore tecnico Alessandro Arcigli sono stata impegnata maggiormente a livello agonistico. Subito nella rassegna continentale di Jesolo ho colto il bronzo in singolare ed è stata una bella conquista».
Com’è il tuo rapporto con le Paralimpiadi?
«Intenso, l’argento a squadre del 2008 a Pechino mi è rimasto nel cuore. In finale con Clara Podda, Pamela Pezzutto e Federica Cudia incontrammo le padrone di casa cinesi. A Londra con Clara e Pamela avevamo tutte le carte in regola per salire di nuovo sul podio e siamo state a un passo dalla medaglia di bronzo. Abbiamo perso contro la Gran Bretagna, sostenuta a gran voce dal tifo locale, al doppio conclusivo».
Cosa ti aspetti dalla tua terza partecipazione a Rio?
«Mi auguro di fare bella figura, di riuscire a dare tutto quello che avrò dentro e di non tornare a casa con delle recriminazioni. Nel singolare sarà più impegnativo, perché, rispetto a Pechino e a Londra, sarà in gara anche una seconda cinese. Troverò una concorrenza molto agguerrita. A squadre di classe 1-3 avremo la new entry di Giada Rossi, che si unirà a me e a Clara. Le avversarie saranno soprattutto la Cina e la Croazia. Tutto può succedere e giocheremo per vincere».
Cosa ti piace del tennistavolo?
«Che mi mette sempre a confronto con me stessa. Richiede velocità e riflessi e anche una notevole capacità di capire l’avversaria e i materiali che ha a disposizione, per cercare di anticiparla. Con Alessandro Arcigli sono cresciuta molto in questi anni. Lui mi conosce come un libro aperto e quando c’è qualcosa che non va lo vede subito. Avere un buon feeling con un tecnico è il massimo cui si possa ambire. Con lui c’è un bel confronto. Ho sempre avuto fiducia in ciò che mi ha detto, sul materiale, sulla postura e su tutto il resto, e non mi sono mai pentita».
Su cosa state lavorando?
«In particolare sul piazzamento dei colpi, inserendo nel gioco la possibilità di usare degli effetti che consentano alla pallina di tornare indietro subito dopo aver toccato la parte del tavolo avversaria. Ciò viene effettuato specie con il rovescio e specialmente sulle palline che arrivano vicino al corpo, veloci o tagliate. Sono colpi che non ho nella mia indole, perché l’istinto è di attaccare. Ci stiamo impegnando molto anche sul servizio e sulla risposta. Prima di Rio, come torneo internazionale, dopo il Lignano Master Open, disputerò solo l’Open di Lasko, in Slovenia, a maggio».
Cosa ti piace fare al di fuori dal tennistavolo?
«Amo gli animali e ho due cani meticci: Mina ha 14 anni e Chicca dieci mesi e mi riempiono le giornate. Vado volentieri al cinema con il mio compagno Bruno, che è cuoco di professione, e ascolto la musica italiana, che mi dà la carica».