Carlo Rossi: «La mia crescita fra Formia e Ochsenhausen»
È il miglior quindicenne d'Italia e l'anno scorso fra i cadetti è riuscito a salire fino al quarto posto in Europa, aggiudicandosi il bronzo nella rassegna continentale di Zagabria. A Terni a dicembre ha vinto il suo primo torneo nazionale da junior e al recente Open di Svezia ha raggiunto il suo primo quarto di finale internazionale nella nuova categoria. Carlo Rossi ha gli occhi di tutti su di sé come un predestinato, ma di destino segnato nel suo percorso di giocatore c'è ben poco. Piuttosto c'è molta passione e un'assoluta disponibilità a fare tutto il possibile per progredire. Da settembre ha accettato di entrare al Centro Federale di Formia e ha intensificato i periodi di allenamento al Masters College di Ochsenhausen. La sua vita è completamente cambiata ed è sempre più votata al tennistavolo. Non facile abituarsi, in una fase delicata anche della sua crescita di ragazzo.
Ciao Carlo, partiamo dal bel risultato ottenuto in Svezia?
«Era il mio primo torneo junior e dunque lo ritengo un ottimo risultato, essendo anche una delle manifestazioni con il livello più alto di partecipazione. Peccato per l'accoppiamento del quarto di finale, perché il giapponese Togami era il peggiore avversario che potesse capitarmi e infatti ha vinto il torneo. Purtroppo contro di lui non ho avuto chance. Prima però avevo eliminato il cinese dell'Azerbaijan Yang Xinyu, che la settimana prima si era imposto nell'Open di Repubblica Ceca. Sulla carta quella contro il francese Jules Rolland, testa di serie numero 7 è stata la gara più impegnativa. Ci ho creduto e sono stato bravo a tenere mentalmente. Anche il lussemburghese Ademir Balaban negli ottavi era ostico con il suo antitop e sono riuscito a restare lucido».
Come ti stai trovando a Formia?
«Bene, sono in un ambiente che stimola al lavoro e dovrò cercare di essere più propositivo rispetto al passato, per essere in grado di sfruttare al meglio le condizioni molto positive che mi vengono offerte per migliorare. Con gli altri ragazzi mi sento a mio agio e dopo le sessioni di allenamento è bello che ci siamo anche dei momenti per divertirsi».
Come sono cambiati i ritmi?
«Da settembre in modo notevole, perché prima dedicavo metà della mia vita al tennistavolo, mentre ora la dedico tutta. Mi allenavo anche prima tutti i giorni, ma ora le sedute quotidiane sono due e quando si va a scuola si lavora con i tecnici alla sera. Chi fa una scelta del genere significa che ha capito che quella è la sua strada».
Senti la lontananza dalla tua famiglia?
«È chiaro che avere la famiglia vicino è importante, soprattutto nei momenti difficili, anche se gli allenatori e i compagni/amici sono sempre disponibili ad aiutarmi».
Come ti senti dal punto di vista fisico?
«All'inizio non ero tanto abituato a questo tipo di preparazione, che prima svolgevo solo in occasione degli stage. Ora è più una fatica mentale che fisica. Facendo questa vita si sa che appena c'è qualcosa che va storto, bisogna essere forti mentalmente per capire cosa non vada e andare avanti tranquillamente. Questa è la mia difficoltà maggiore, che devo cercare di risolvere. Nella mia vita non ho mai accettato molto le sconfitte e finora tutto è andato abbastanza come volevo e non mi sono mai posto il problema. Ultimamente, invece me lo sto iniziando a porre. Devo comprendere che le cose vanno affrontate con più serenità, con più pazienza, anche se è vero che spesso molto tempo da aspettare non c'è».
Come procede il tuo impegno a Ochsenhausen?
«La prima volta ho fatto uno stage con Pinto e Mutti nel 2014. L'anno successivo siamo tornati solo io e Matteo e la stagione scorsa io e Johnny Oyebode. Una delle ultime volte che sono andato ho chiesto di parlare con il manager del Centro David Zwickl e gli ho espresso il desiderio di tornare lì ad allenarmi. Ora vado ogni mese e sono entrato abbastanza nei meccanismi. La differenza che noto rispetto a Formia è che a Formia si lavora per diventare dei giocatori importanti, mentre in Germania, a parte me e un altro paio di ragazzini, sono già atleti di livello. Sono giovani formati, che ancora cercano di migliorarsi».
Come si svolge la giornata al Masters College?
«Facciamo il primo allenamento dalle 9 alle 12. Tre volte alla settimana si fa un po' di fitness. La seconda sessione è dalle 16 alle 19. Quasi tutti i giorni ci sono sedute di preparazione fisica. Il mercoledì e il sabato pomeriggio si fa pausa. La domenica si sceglie se andare la mattina. Il pomeriggio di solito gioca la prima squadra in campionato e, se è in casa, si va a vedere la partita».
Con quali tecnici ti alleni?
«Il croato Skoric allena la prima squadra, ma è sempre presente. Il russo Mazunov segue i più giovani e il cinese Fu Yong lavora al cesto e nel servizio e risposta con i ragazzi. Il francese Blondel punta a trasmettere l'atteggiamento giusto per emergere a livello internazionale. La regola di base è comunque che tutti i coach lavorino con tutti».
Con quali atleti hai la possibilità di giocare?
«Mi è capitato di fare allenamento con il francese Gauzy, il brasiliano Calderano, il polacco Dyjas, il portoghese Geraldo, l'altro transalpino Akkuzu, l'inglese Walker e anche con altri. Sono tutti molto umili e disponibili. C'è molto da imparare a stare a fianco di giocatori del genere. Io sono il più giovane, perché il francese Betrand ha un anno in più. Da quest'anno insieme a me ha iniziato a venire il russo Katzman, mio compagno di doppio agli Europei di Zagabria. Con lui sono già molto amico. Ora ha ripreso a frequentare il College anche Johnny Oyebode».
Questi mesi ti stanno facendo crescere?
«Nel gioco penso proprio di sì. Negli allenamenti mi sento molto migliorato, anche se sto avendo qualche difficoltà in partita. In campionato il primo anno in A1 non è facile. Giocare davanti a un pubblico che conosco e agli amici mi mette delle pressioni. Sicuramente avrei potuto fare di più. Ho perso partite importanti per conquistare qualche punto in più, dopo che i miei compagni avevano ottenuto delle belle vittorie. Contro l'Apuania, dopo il successo di Di Marino su Kozul, sul 2-3 ho perso con parziali netti con un avversario come Crotti contro il quale volevo giocare. Sono dispiaciuto più che preoccupato, perché ero conscio all'inizio dell'anno che sarebbe stato impe
gnativo, con tutti questi cambiamenti. La gara a squadre mi piace e la vivo molto e vorrei dare più di quanto riesca in questo momento».Com'è il tuo primo anno nella categoria juniores?
«Da allievo a junior cambia moltissimo. Il gioco è completamente diverso, con una maggiore preponderanza fisica, che io sento non essendo mai stato molto dotato sotto quell'aspetto. Per quanto riguarda gli obiettivi, in questa stagione sarà molto più difficile conquistare il titolo italiano, ma ci proverò al massimo delle mie possibilità. Agli Europei giovanili vorrei fare un buon risultato in singolare, entrando almeno nei sedicesimi, per non dire gli ottavi. Dipenderà molto dal tabellone e dalla classifica di quel momento. A squadre con Mutti, Pinto e Amato abbiamo il gruppo per prendere una medaglia. Anche in doppio con Matteo potremmo comportarci bene. Quest'anno i Mondiali saranno in Italia e dunque saremo ammessi d'ufficio, ma dobbiamo provare a qualificarci lo stesso, arrivando sul podio agli Europei».