Stefano Comparelli: «Per far crescere il tennistavolo, dobbiamo comunicare la bellezza e il divertimento che suscita»
Dal 2016 alla guida della FITeT Abruzzo c'è il Consiglio Regionale presieduto da Stefano Comparelli. «Due anni chiaramente - spiega il presidente - sono pochissimi per incidere fattivamente e apportare cambiamenti radicali. Preliminarmente abbiamo ritenuto di continuare a operare nel solco di quanto di buono era stato fatto precedentemente. In tal senso, la prima decisione è stata quella di rinnovare l’incarico a Marco Prosperini, come referente tecnico regionale. Assieme a Paolo Caserta aveva svolto un egregio lavoro nel settore giovanile nelle due stagioni precedenti».
Poi su quali fronti vi siete mossi?
«Immediatamente dopo con il Consiglio abbiamo ritenuto di puntare maggiormente sulla comunicazione, per farne un perno basilare di ogni azione successiva. Comunicazione e promozione sono i due pilastri sui quali abbiamo iniziato a edificare la nostra azione, cercando di operare attraverso attività che contribuissero a creare nel mondo esterno al nostro ambito una coscienza del tennistavolo e della sua pratica, come sport e non più come gioco. Può sembrare banale ma almeno qui da noi, riguardo a questo aspetto, eravamo ancora all’età della pietra».
In che senso?
«Mentre negli altri sport tutti si erano organizzati e strutturati con scuole, corsi, progetti scolastici, qui le uniche presenze giovanili non provenivano dall’esterno ma dallo stesso nostro mondo: figli, nipoti, comunque di gente che già ruotava nel nostro ambiente. Qualcosa si stava sviluppando, già Leonardo Pace stava entrando nel giro di interesse della Nazionale giovanile, proveniva comunque dall’ambito pongistico, anche Giulia Ciferni era "figlia d’arte"».
Poi cosa accadde?
«Con Gaia Smargiassi si realizzò una vera prima apertura all’esterno, anche se lei proveniva dal tennis, ma era piccolissima e mostrava già una grande passione e voglia di fare. A quell’epoca io militavo come giocatore nella Polisportiva San Gabriele, ero da poco rientrato in questo mondo e avevo in mente la creazione di un vero vivaio. Da un lato l’arrivo di Gaia aveva acceso una luce, come spesso però succede nel nostro settore, quando si concentra tutta l’attenzione su di un solo atleta, si rischia di perdere gli altri, che non si sentono trattati in modo eguale.
Suggerii più volte un cambio di atteggiamento e non ci fu, Gaia continuava a crescere fortemente, ma gli altri a uno a uno li perdemmo tutti. Di lì la mia decisione di andarmene per seguire la mia intuizione e, per farlo, diedi vita al Tennistavolo Vasto».Ora quale ritiene che siano le priorità?
«Bisogna "uscire dalle grotte", come spesso usa simpaticamente ripetere il nostro Decano Consigliere Rocco Pomante, invitando il movimento a uscire metaforicamente, ma anche materialmente, dalle palestre e dalla sale nelle quali spesso ci richiudiamo sportivamente, ma anche a livello di comunicazione. Io personalmente ho l’impressione che un po’ tutti continuamente "si giochino addosso", dimenticando che, dato per scontato un reale interesse verso la crescita, dovremmo anzitutto comunicare agli altri la bellezza e il divertimento che suscita il nostro sport».
Che sensazione si è fatta?
«Che siamo tutti un po' troppo impegnati a fare esercizi di stile. C’è una strana tendenza a rendere tutto troppo difficile, scientifico. Mentre io trovo tutto estremamente semplice e facile da comunicare a un bambino. Una pallina, una racchetta e un tavolo. Non voglio banalizzare il discorso, ma non penso che intellettualizzarlo aiuti la sua diffusione. Il rischio maggiore in senso assoluto che io vedo è che il tennistavolo italiano, e in particolare della mia Regione, possa diventare vecchio senza mai aver attraversato la fase adulta o almeno del vigore giovanile».
Accennava a Pomante. Come lavorate all'interno del Consiglio?
«Non c’è mai stata una ripartizione vera e propria di compiti tra noi. Ci aiutiamo quando serve, più che altro. Dobbiamo ancora crescere molto perché si possa e si debba pensare a una reale suddivisione di competenze. Questo è il momento del fare. Ogni giorno siamo all’anno zero. Dobbiamo smetterla di pensare troppo e cercare di aggregare di più, sempre, quotidianamente, tutti, con questo che è uno sport che, per le sue caratteristiche, dovrebbe essere assolutamente aggregante. Lo vedo con i bambini, quando arrivano in palestra prima di "smaliziarsi" nell’agonismo. I genitori sono costretti ad aspettarli sempre oltre il tempo previsto, perché non vogliono staccarsi più dai tavoli».
Quali sono i motivi d'orgoglio dell'attività svolta in Regione?
«In questo momento, il principale è quello di aver fatto si che il movimento giovanile e i suoi risultati non rappresentassero più un caso, un fatto momentaneo. Aver dato continuità al settore giovanile e ai risultati che stiamo conseguendo anno dopo anno è sicuramente la conseguenza di un cambio di prospettiva. Quando nel 2008 mi riavvicinai a questo sport che avevo amato in gioventù e anche un po’ più in la, lo feci iscrivendomi a un torneo a Ortona. Quando entrai in palestra ebbi come un flashback, trovai molti dei compagni, lasciati diversi anni prima, quasi tutti, solo più vecchi, come me d’altra parte. Gli unici ragazzi che vidi quel giorno erano due, Luca Brandimarte e Leonardo Pace. Era chiaro che ci fosse qualcosa che non funzionava. Quel giorno decisi che qualcosa doveva cambiare e che questo sport non poteva morire con noi. Bisognava lasciare qualcosa dopo».
Sente forte questo rischio?
«Trattiamo il tennistavolo non come uno sport individuale, ma come uno sport individualistico. Continuiamo a gratificare il nostro ego anche oltre e dopo la partita, senza comprendere che, se non condividiamo i nostri segreti, la nostra passione, la nostra conoscenza e il nostro entusiasmo, tutto questo ce lo porteremo nella tomba e finirà con noi».
Cosa fate per far conoscere il nostro sport e aumentare il numero dei praticanti?
«Cerchiamo di sfruttare ogni possibilità che ci viene offerta. Notti Bianche, Giornate Promozionali in centri commerciali, progetti scolastici e in centri sportivi, costante presenza sulle testate giornalistiche per mezzo di articoli e interviste. È chiaro che non riteniamo che tutte queste occasioni siano produttive allo stesso modo. Però siamo nella fase del fare e tutti quelli che possono, devono fare. Verrà il momento di selezionare il tipo d'intervento e il contesto nel quale realizzarlo, ma oggi è fondamentale fare promozione. Utilizziamo moltissimo la comunicazione a mezzo stampa e il web, perché riteniamo che la presenza sugli organi di stampa, inevitabilmente, attribuisca quel necessario avallo che si riflette indirettamente, ma positivamente, sulla considerazione collettiva del tennistavolo come sport avente pari dignità di ogni altro. Determinante è sicuramente il fatto di sfruttare la scia che lasciano quelli che ottengono risultati. Loro possono rappresentare la migliore promozione, se adeguatamente utilizzati in senso comunicazionale».
Come procede l'impegno all'interno delle scuole?
«Quest’anno abbiamo lavorato abbastanza con le scuole e non solo a livello di primarie. Con alcune società abbiamo tenuto corsi anche nei licei, cercando di coinvolgerli poi nei Campionati Studenteschi e infatti è aumentata la presenza delle squadre iscritte a quelli che una volta si chiamavano "Giochi della Gioventù". Forse in tal senso ci vorrebbe una programmazione più duratura e puntuale da parte del Miur, che funziona un po’ a corrente alternata. Io personalmente ho tenuto un corso all’interno di una scuola media, che è stato poi inserito nel Progetto Erasmus dell’istituto ed esportato con esso in Spagna e in Lituania, dando anche origine ad alcune tesine d’esame sul tennistavolo molto interessanti».
Avete aderito al progetto "Racchette di classe"?
«Siamo stati fra le Regioni che hanno maggiormente accolto l’invito a proporre il progetto. Asd San Nicolò 2007, T.T. Vasto, Polisportiva San Gabriele, T.T. Silvi, Antoniana Pescara e Teramo Energy New sono state alcune fra quelle che hanno svolto i progetti in modo totale. Nel complesso oltre il 50% dei nostri sodalizi ha inteso sposare l’iniziativa».
A proposito dei club, quanti sono e come sono suddivisi nelle varie province?
«In tutto le nostre associazioni sportive sono 13, di cui 2 a l’Aquila, 2 a Pescara, 3 a Teramo e ben 6 in provincia di Chieti».
Quali hanno fatto la vostra storia?
«L’Abruzzo da un po’ di tempo è un territorio di frontiera, pongisticamente parlando, anche se nel passato ha avuto un suo personale splendore. Negli anni '70, grazie a un grande appassionato, Luigi Zuccarini, il movimento regionale visse il suo momento d’oro. Luigi, che fu anche membro del Consiglio Federale, può essere considerato il più grande promotore abruzzese che questo sport ricordi, anche per essere stato il fondatore, nonché editore, della rivista "Notizie del Tennistavolo" . Sua fu, per circa 20 anni, la presidenza dell’Antoniana Pescara, società tra le più antiche a livello Italiano, si pensi che possiede la matricola di affiliazione FITeT con il numero 003».
L’Antoniana in quale categoria militava?
«Sotto la guida di Zuccarini visse la fase del suo massimo fulgore, disputando il campionato di serie B con giocatori di ottimo livello, che animarono la vita pongistica nazionale. Fra tutti è giusto ricordare Massignani, Renzetti, Di Nicola e Soncini. Ancora più vecchia è l’iscrizione della Libertas L’Aquila, che con il codice n. 001 risulta la più antica associazione sportiva della Federazione Italiana Tennistavolo. Meritano sicuramente citazione a parte i campionati di A2 degli anni 1984-1989 e il campionato di A1 del 1987/1988 dell’A.S. TT Alba Adriatica, così come anche i campionati di A2 disputati dal Casalbordino nei primi anni dal 2010 in poi».
Quali sono stati i vostri campioni più noti?
«Fra tutti sicuramente Marco Prosperini rappresenta l’atleta che più di ogni altro abbia raggiunto i migliori risultati. Diversi sono stati gli altri abruzzesi che si sono fatti onore nel passato, come Danilo Bartolomei, Pasqualino Cichettti e Paolo Caserta».
Attualmente quali sono le realtà da segnalare?
«L’Antoniana Pescara è sempre molto attiva sul fronte agonistico e anche quest’anno disputerà in serie B2 il suo massimo campionato. Contestualmente a esso, disponendo di un certo numero di tesserati, solitamente è iscritta a molti campionati minori, coprendo quasi tutte le serie regionali. Anche il Tennistavolo Silvi è molto attiva pure sul fronte giovanile e fino all’anno scorso ha giocato in B2 maschile e in vari campionati minori. Sul fronte individuale, ha potuto giovarsi delle medaglie e del titolo italiano di doppio femminile di terza categoria conquistato da Giulia Ciferni negli anni scorsi».
Altri club di riferimento?
«La Polisportiva San Gabriele, che anche nel passato è stata particolarmente presente in ambito giovanile, casa sportiva di Gaia Smargiassi, ormai da diversi anni disputa la B femminile. Il San Nicolò 2007 dedica la sua particolare attenzione al settore giovanile e da tempo partecipa costantemente alla costituzione del vivaio abruzzese. Ultima in senso di storicità affiliativa è il Tennistavolo Vasto, particolarmente vivace sul fronte giovanile, sia maschile sia femminile. In soli cinque anni di vita, oltre a realizzare il vivaio più numeroso della Regione, ha conquistato e disputato un campionato nazionale di C1 e quest’anno parteciperà alla B femminile. Può vantare ben tre medaglie individuali: un oro e un argento ai tricolori di quinta categoria con Federico Antenucci nel 2016 e un argento con Margherita Cerritelli quest’anno».
Quali sono i vostri i giovani più talentuosi?
«Sul fronte giovanile siamo partiti un po’ di anni fa con Levon Zakaryan e subito dopo Leonardo Pace e di li in poi non ci siamo più fermati. Infatti a seguire c’è stato Arcangel Gianmarino e nel femminile Gaia Smargiassi, da diversi anni nel giro della Nazionale giovanile, e Giulia Ciferni (campionessa italiana nel doppio di terza categoria 2016, in coppia con Laura Boiardi, nonché argento nel misto di quarta nel 2014 con Gianmarino e due volte bronzo, nel misto di terza con Cappuccio nel 2017 e nel misto di quarta con Cascella nel 2015 ). Subito dopo sono incominciati ad arrivare i vari Leonardo Conte e Federico Antenucci, con la sua vittoria agli italiani di quinta nel doppio con Mattias Mongiusti e la medaglia di bronzo nel misto con Matilde Campanelli».
Chi c'è in rampa di lancio?
«Alessandro Mascioli e Dejan Papini al maschile e Margherita Cerritelli nel femminile, che quest’anno ha conquistato l'argento nel misto di quinta con Nicolò Pierpaoli del TT Senigallia e ha sfiorato il podio in altre due occasioni. Dietro di loro ci sono altri giovani entusiasti, pronti a fare anche meglio di chi li sta precedendo e che ci dicono che c’è futuro per il pongismo abruzzese. Fra i risultati ottenuti di squadra, c'è sicuramente da annoverare il settimo posto di quest’anno alla Coppa delle Regioni, il miglior piazzamento mai ottenuto nella manifestazione».
Avete anche un movimento paralimpico?
«Purtroppo no. Un obiettivo che questo Comitato fin dall’inizio ha avuto in animo è la creazione di una o più società che si occupassero in maniera precipua del settore paralimpico. Bisogna incontrare la disponibilità delle amministrazioni pubbliche in tal senso e superare le difficoltà che attengono alla accessibilità delle strutture sportive, che quasi sempre presentano problematiche di agibilità. Siamo però sulla buona strada. Abbiamo intanto trovato l'adesione di alcuni tecnici volenterosi e di un Comune che possiede la struttura adatta per dare avvio a quello che considero il principale obiettivo da raggiungere di questa gestione».
Quali altri traguardi vi siete dati in ottica futura?
«L'aumento del numero delle associazioni abruzzesi affiliate, dei praticanti e dei tesserati complessivi, ovviamente con un occhio di riguardo verso i giocatori del settore giovanile».