Enrico Rech Daldosso:«Mio fratello Marco: ecco com'è in campo e fuori
Marco secondo Enrico.
Marco Rech Daldosso è il personaggio del momento, capace di vincere tre ori ai Campionati Italiani Assoluti di Castel Goffredo. Enrico è suo fratello e nessuno meglio di lui, che gli vive a fianco e, dopo essere stato a sua volta un atleta, oggi è un tecnico federale delle Nazionali giovanili, può parlare con cognizione di causa di Marco, in campo e fuori.
Enrico, da fratello maggiore hai dato tu l’esempio pongistico a Marco?
«In realtà a darlo a entrambi è stato nostro papà Franco, che ha sempre giocato all'oratorio del paese di Remedello Sopra, in provincia di Brescia. È stato un amatore, ma vinceva con tutti. Io, che all'ora avevo 10 anni, e Marco, che ne aveva 5, abbiamo iniziato all'oratorio con lui e con altri 3-4 signori, tutte le domeniche pomeriggio. Siamo andati avanti così per diversi anni. Poi una domenica d'estate siamo andati con la famiglia in piscina ad Asola e, avendo trovato dei tavoli liberi, ci siamo messi a giocare. Ci hanno visti gli amatori della squadra di Asola e ci hanno detto che eravamo bravi. Abbiamo conosciuto il presidente Romano Rodella e dagli incontri in piscina siamo passati alla palestra. Marco praticava il calcio ed era anche bravo, tanto è vero che l'avevano preso nel settore giovanile del Montichiari».
Però lo lasciò?
«Era piccolino e voleva fare quello che facevo io e allora ha iniziato il tennistavolo. Dopo solo un anno aveva già vinto il Trofeo Teverino ed era diventato campione italiano giovanissimi. È stato il primo di una lunga teoria di titoli giovanili».
Tu invece?
«Sono arrivato a essere seconda categoria e numero 45 della classifica italiana. Quando ho capito che per migliorare ulteriormente avrei dovuto dedicare tutto il mio tempo agli allenamenti, mentre avrei voluto fare anche altro, come impegnarmi negli studi universitari, ho cominciato a rallentare e nel 2010 ho lasciato l’agonismo».
Come hai visto crescere Marco?
«Fin dall’inizio si capiva che, rispetto agli altri, aveva una padronanza particolare del gioco e del tavolo. Aveva talento e dal punto di vista tecnico non aveva problemi. Anche da bambino ciò che a lui veniva facile agli altri non riusciva. Ci sono stati momenti in cui ha alternato fasi positive ad altre di stasi. Gli è capitato di scontrarsi molto spesso con Paolo Bisi e a volte vinceva uno a volte l'altro».
Caratterialmente siete diversi?
«Siamo all'opposto. Io sono uno abbastanza estroverso ed espansivo, mentre Marco è più riservato. È un buono, non ha mai sentimenti di rivalsa nei confronti degli altri. È sensibile, sta molto attento ai particolari e capisce se le persone lo apprezzino o no. . Questo aspetto nel rapporto con gli allenatori è sempre stato importante per lui. Quando ha trovato tecnici che hanno avuto fiducia in lui e lo hanno incoraggiato ha sempre ottenuto ottimi risultati»
A cosa è legata, secondo te, la sua crescita degli ultimi tempi?
«Prima di tutto ritengo che stia raggiungendo la sua maturazione, dopo tutte le esperienze che ha fatto con le Nazionali giovanili e l'assoluta. Oltre a ciò quest'anno ha trovato una situazione di serenità personale e a livello societario, con il tecnico che lo segue e i compagni di squadra. Alfonso Laghezza è una persona che gli ha dato molta sicurezza e tranquillità e lo fa lavorare. Gli ha giovato anche il rapporto con il direttore tecnico azzurro Patrizio Deniso, che è riuscito a spronarlo e a fargli capire che avrebbe dovuto fare qualcosa in più se avesse voluto ottenere dei risultati di rilievo».
Sta giocando il miglior tennistavolo della carriera?
«In realtà l'ho visto giocare così molte altre volte, solo che in quelle occasioni non ha vinto partite come quelle contro Bobocica o Stoyanov agli Assoluti. Lui è uno che gioca forte e tenere quel livello di prestazione a lungo e per più gare non è facile. Ora ci sta riuscendo, perché aver ottenuto risultati lo ha reso più sicuro di sé. Il suo percorso dovrebbe di esempio ad altri. Dobbiamo tendere ad avere ragazzi che crescano gradualmente e arrivino a 23-25 anni ad avere ancora una decina d'anni di fronte, e non 20enni che non abbiano più voglia di andare avanti per le pressioni ricevute e lascino il tennistavolo senza aver né studiato né ottenuto risultati».
A proposito di studio, tu e Marco lo avete sempre tenuto in considerazione.
«È vero, io mi sono laureato in Scienze Motorie, facendo la triennale a Pavia e la specialistica a Brescia. Poi mi sono diplomato in massaggiatore e massoterapista e ora sono al secondo anno di fisioterapia. Marco si è diplomato da geometra come me e ora sta facendo Economia & Management a Parma. Riesce a conciliare l'attività sportiva con l'Università ed è la dimostrazione, contrariamente a quanto molti sostengono, dell'assoluta praticabilità del binomio sport e studio. È certamente possibile, anche se richiede dei sacrifici in più».
Da tecnico, come valuti il gioco di Marco?
«Ha un timing sulla palla mostruoso ed è forte nel gioco sopra il tavolo. Quando gli avversari rispondono corto, riesce a flippare molto bene. D'altro canto rischia troppo, cerca di entrare subito forte e spesso commette degli errori. Ultimamente ha però riacquisito una capacità che aveva da bambino, quella cioè di comprendere quando sia il caso di non forzare e controllare il gioco».
Vivete ancora entrambi in famiglia?
«Sì, e anche nostra sorella maggiore Attilia. i nostri genitori, Franco e Lorena, non ci hanno mai fatto pressioni e hanno assecondato la nostra passione per il tennistavolo. Vedere Marco che ottiene questi risultati li rende felici e, quando, dopo aver vinto il singolare agli Assoluti, è andato ad abbracciarli in tribuna, si sono commossi. Anche la sua fidanzata Fiammetta, che studia Giurisprudenza a Milano, lo segue volentieri».
Pongisticamente parlando, a cosa può puntare Marco?
«La tecnica non gli manca e ha le qualità per entrare nei primi 50 del mondo. Per riuscirci lo aiuterebbe fare un'esperienza all'estero, per confrontarsi con continuità con atleti di livello internazionale».