PEPPE VELLA: "E PENSARE CHE VOLEVO SMETTERE, INVECE ANDRò A RIO"
Aveva deciso, al termine del Lignano Master Open, di abbandonare l'attività agonistica internazionale. Qualche settimana dopo Giuseppe "Peppe" Vella è stato costretto a tornare sulla sua scelta, essendo stato ripescato per partecipare alle Paralimpiadi di Rio. Farà dunque tris, dopo aver gareggiato a Pechino nel 2008 e a Londra nel 2012.
Quanto è stata inaspettata questa chiamata?
«Nel modo più assoluto. A propiziare la decisione dell'Ipc è stata la necessità di formare una sesta squadra in classe 1-2 e io avevo le caratteristiche giuste, potendo integrare la qualificazione già ufficiale di Andrea Borgato».
Hai dunque dovuto cambiare i tuoi piani?
«Completamente, perché in pratica la mia preparazione era ferma a dopo gli Europei di Vejle. Già ad aprile il direttore tecnico paralimpico Alessandro Arcigli mi ha programmato gli allenamenti con il Rangers San Rocco, la mia società. Ne effettuo quattro alla settimana, con una doppia sessione il mercoledì. Come tecnico mi segue Marino Filippas, mentre il lunedì e il mercoledì mi aiutano come sparring Eric Bertolini e Massimo Pischiutti. Ci sono poi gli stage con la Nazionale e due fine settimana al mese sono io a fare da sparring a Borgato. Mi rimane un giorno a settimana libero, il giovedì, e non è granché».
Che tipo di chance pensi di poter avere a Rio?
«Sono consapevole di essere l'ultimo della lista, ma andrò con il massimo della tranquillità, perché m'impegnerò il più possibile nella preparazione, compatibilmente con i tempi a disposizione. A squadre gareggeremo in classe 1-2 e dunque se dovessimo affrontare una nazione che schierasse due classi 2 sarebbe problematico. Giocando però a eliminazione diretta e con il nuovo sistema, che prevede in apertura il match di doppio, il gap si riduce rispetto agli altri team. Non escludo, dunque, che si possa superare il primo turno e arrivare in semifinale, dove potrebbe accadere di tutto».
Quali sono le favorite?
«Slovacchia, Francia e Corea. La Francia ha due ottimi singolaristi, fra i quali Fabien Lamirault, oro mondiale ed europeo in carica e bronzo paralimpico, e la Slovacchia è più completa, con un doppio molto competitivo e un fortissimo giocatore come Jan Riapos, che è anche il campione di Londra 2012».
Cosa ti hanno lasciato le due precedenti esperienze paralimpiche?
«Non ho superato il girone, ma entrambe le volte l'atleta che si è qualificato nel mio gruppo ha poi vinto il titolo, nel 2008 il francese Vincent Boury e nel 2012 appunto lo slovacco Riapos. Ricordo l'edizione di Pechino con molto più piacere, perché c'era un delirio pongistico. Quattromila cinesi che assistevano alle gare e facevano la fila per pagare il biglietto erano uno spettacolo incredibile. A Londra il Palazzetto si riempiva solo quando giocavano i britannici».
Quanti anni hai fatto in Nazionale?
«Dopo un'apparizione nel 2001 agli Europei di Francoforte, ho ripreso nel 2005 con la rassegna continentale di Jesolo e ci sono rimasto stabilmente fino a oggi, con un'interruzione nel 2009 e 2010».
Quali sono i ricordi più belli di questo periodo?
«Sicuramente il quinto posto in singolare conquistato ai Mondiali di Montreux nel 2006. Ho fatto il massimo, partendo come outsider. Ero il terzo del mio girone e riuscii a passare, grazie alla classifica avulsa, precedendo Riapos e il francese Damien Mennella. Ho peccato un po' d'inesperienza nel quarto di finale contro l'austriaco Hans Ruep. Agli Europei, prima del bronzo a squadre dello scorso ottobre a Vejle, in Danimarca, con Federico Crosara, il migliore risultato era stato il quarto posto, sempre con Federico, nel 2011 a Spalato».
Come hai iniziato a praticare il tennistavolo?
«Era il 1990, l'anno della Pantera, il movimento studentesco di protesta, e anche il mio primo all'Università. Vivevo a Palermo e siccome si andava poco in Facoltà e nel pensionato universitario c'era un tavolo, con gli amici abbiamo iniziato a giocare. Da allora non sono più riuscito a smettere. L'anno dopo ho cercato una società paralimpica in città e ho disputato il primo campionato italiano a Torino nel 1991. In tutto, compresi quelli per club, ho vinto una decina di titoli. Ho cominciato per divertimento ed è diventata una passione ossessiva».