Come avviene un lavoro di psicoterapia analitica?
Il lavoro che svolgo con gli atleti avviene in sedute di un'ora e mezzo circa, una o due volte alla settimana, per una durata complessiva di due/tre mesi. Si svolge con la persona allungata sul divano e il terapeuta seduto a qualche metro di distanza, leggermente arretrato.
Alla persona viene chiesto di raccontare in modo dettagliato la sua storia, partendo da dove vuole e seguendo il filo dei suoi pensieri anche se a volte la portano “fuori tema”. Nella maggior parte dei casi, il discorso parte dall'argomento che l'ha spinta a iniziare il percorso psicologico, ossia la pratica del tennis tavolo. Il racconto che all'inizio si focalizza su temi inerenti al tennis tavolo (momenti significativi sia positivi che negativi, abitudini, amici, avversari, luoghi, viaggi) poco per volta si estende al contesto della sua vita (famiglia, scuola, lavoro ecc.). Emergono così molti ricordi appartenenti a epoche diverse che vengono esteriorizzati con le parole e anche con altre manifestazioni emotive, che vanno da impercettibili cambiamenti del tono della voce fino a lacrime e singhiozzi.
Il terapeuta, che coglie nel materiale le equivalenze che si evidenziano fra i sintomi legati alla pratica dello sport e altre situazioni originate dalle stesse radici profonde, indica alla persona gli argomenti da approfondire, spesso assai lontani dal tennis tavolo, ma a esso associativamente collegati. Il giocatore, anche senza aver parlato di tennis tavolo e spesso senza essersi reso conto di ciò che è avvenuto, noterà, poco per volta, dei cambiamenti relativi al suo modo di affrontare le situazioni, anche in campo. Il pilota interno, che spesso lo aveva condotto in direzione contraria a quella desiderata, sembra dirigersi senza intoppi là dove l'atleta è in grado di arrivare.
Per ottenere dei benefici da questo lavoro è necessario che sia svolto in modo regolare e continuo e che il giocatore rispetti la regola iniziale di lasciarsi andare al racconto della propria storia. È il lavoro di verbalizzazione che svolge in seduta ad aiutarlo a rendere di più in campo, non la comprensione razionale dei legami fra problemi tennistici e aspetti della sua vita, che tuttavia il terapeuta gli mostrerà al momento opportuno.
Posso citare un esempio di una ragazza molto brava in una categoria giovanile, a eccezione delle volte in cui si trovava contro una giocatrice mancina: in questi casi subiva sconfitte tecnicamente inspiegabili. La descrizione di queste avversarie (in particolare della sua bestia nera) la porta a parlare delle compagne con cui si allena, per sfociare nel tema delle amicizie nello sport e nella scuola. Tra i suoi ricordi compare spesso quello di una bambina dell'asilo piuttosto aggressiva nei suoi confronti, con cui litigava fino a picchiarsi. Una volta per difendersi le aveva dato uno spintone, che le aveva fatto perdere l'equilibrio e nella caduta si era rotta un braccio: il sinistro. La maestra era intervenuta punendola severamente, come se il suo gesto fosse stato intenzionale, e anche le altre bambine avevano cominciato a evitarla, considerandola pericolosa. Dopo vari anni continuava a vivere quell'episodio con forti sensi di colpa (pur sapendo che era capitato per caso), che si riattivavano nel momento in cui qualche particolare della realtà lo richiamava: nella fattispecie l’avversaria mancina, contro cui non era in grado di opporre alcuna resistenza.